gli-argenti

Gli Argenti

Opera, nella maggior parte, di argentieri napoletani, gli oggetti esposti sono quasi tutti quelli che costituivano il tesoro liturgico della Cattedrale di Lecce, formatosi soprattutto tra Seicento e Settecento. Per tale felice coincidenza, la natura preziosa del loro materiale ha finito per esaltare quei caratteri di splendore e di magnificenza che furono propri della visione barocca e che sostanziarono in modo speciale anche le forme proprie della liturgia. Ne è un esempio lo straordinario Tronetto dell’argentiere napoletano Gaetano Starace, destinato ad accogliere l’ostensorio nelle solenni esposizioni.
Strettamente legati alle pratiche cultuali, i manufatti di argento, lampade pensili o votive, tabernacoli o portelle di cibori, calici e patene, ampolline e mesciacqua, turiboli e navicelle, cartegloria, ostensori, reliquiari, candelieri, crocifissi e croci astili, pastorali, paliotti d’altare, busti reliquiari e statue di santi, sono ormai concordemente considerati testimonianze preziose della storia artistica e della storia della Chiesa.

In essi, infatti, prese forma non solo una concezione dell’arte, ma anche gli orientamenti di gusto e il senso che ad essi attribuirono di volta in volta i committenti in quanto segni visibili e ostentati del proprio ruolo e della propria funzione sociale. Considerata la natura intrinsecamente preziosa del materiale, di questo patrimonio non tutto si è conservato, e solo la mutata consapevolezza del valore storico, artistico e culturale e la conseguente tutela ne hanno oggi reso possibile una nuova fruizione pubblica.
Gli oggetti, che ora trovano posto in questo museo, sono per lo più quanto s’è salvato del patrimonio della Cattedrale di Lecce. Essi documentano in una certa misura un percorso storico dell’arte argentaria e ne mettono in luce lo stretto legame con le vicende della chiesa di Lecce in quanto sede episcopale.

Come gli studi hanno evidenziato, la maggior parte degli oggetti provengono da manifatture napoletane, conseguenza anche dell’assetto politico istituzionale determinatosi con la costituzione dell’impero di Carlo V, di cui Terra d’Otranto fu una delle province e Lecce la sua capitale, ma in particolare dei legami diretti che si svilupparono con Napoli per il tramite dei vescovi chiamati a reggere la sede episcopale di Lecce, e degli ordini religiosi che nella capitale del viceregno avevano la sede madre. A determinare ulteriormente l’esclusivo concentrarsi della produzione argentaria nella città di Napoli, fu, poi, anche la prammatica del conte di Sant’Esteban.

Ad un maestro napoletano non poté non rivolgersi il vescovo Fabrizio Pignatelli per un ostensorio, un baldacchino, una pisside e il pastorale, che tuttora si conservano, opere tutte di notevole qualità del maestro argentiere Gaetano Starace, e datate tra il 1697 e il 1700, che ben documentano un momento significativo e fortemente caratterizzato dell’arte argentaria a Napoli. Della stagione più intensamente creativa dell’arte argentaria napoletana in sintonia con le altre espressioni artistiche, questi esempi mostrano i livelli di qualità da essa raggiunti, e, soprattutto, il modo in cui il “barocco” si prestò ad interpretare anche in questi oggetti, con in più quel tanto di prezioso connaturato al materiale usato, quel desiderio di magnificenza e di privilegio, che si accompagnava all’azione sacra della liturgia, sostenuta altresì dall’uso che il ministro faceva di sfarzosi paramenti sacri.

Nel corso del ‘700, come attestano altri oggetti qui esposti, la cura e l’attenzione di prelati e religiosi verso questi oggetti tesero a rafforzarsi, anzi, la consapevolezza del loro valore oggettivo, ben testimoniato ad esempio dall’ostensorio del canonico Pasquale Vergori, indusse il vescovo Alfonso Sozi Carafa a destinare un ambiente della sacrestia della cattedrale a stanza del tesoro, che egli stesso incrementò con sei grandi candelieri del valore di 6700 ducati e di altri oggetti, quali mezzi busti di santi in argento massiccio, un calice e una copertura di messale, opera questa dell’argentiere Salvatore Anastasia.

Col mutare dei tempi doveva, però, mutare anche lo stile degli oggetti, le cui forme si adeguarono a loro volta ad diverso modo di vivere le funzioni liturgiche; allo splendore e alla magnificenza della decorazione barocca e alla grazia ed eleganza del barocchetto succedettero nell’Ottocento, come è dato vedere in alcuni oggetti, la linearità e la semplicità del gusto neoclassico; ma, poi, cambiarono soprattutto le tecniche e i materiali, la cui diminuita preziosità, ancorché spiegabile con ragioni di ordine economico, significò progressivamente il recupero del valore e della ricchezza intrinseca della celebrazione liturgica.

Elenco