E’ stato più volte proposto l’accostamento di questo dipinto a quello di analogo soggetto, erroneamente indicato come Angeli in casa di Loth, che faceva parte di una serie di sei dipinti, tutti dello stesso formato, già presso il Convitto Palmieri a Lecce, e sicuramente di epoca precedente. In realtà, il confronto tra le due versioni mette in luce la loro diversa caratterizzazione stilistica. La seconda rivela più nettamente il debito verso la lezione di Solimena, del quale sembra riprendere anche qualche tratto di naturalismo, là dove la luce serve a dare evidenza agli oggetti e alle cose, conservando per il resto la funzione di dare saldezza plastica alle figure – in linea, in questo, con il classicismo del maestro. Nella presente il gioco delle luci e delle ombre si fa più mosso ed è tutto rivolto a dare animazione alla scena; il dialogo tra le figure, ancorché espresso da sguardi e gesti, è affidato soprattutto al movimento delle luci e delle ombre. Anche la condotta pittorica si presenta più rapida ed essenziale e solo nella resa degli oggetti – vedi ad esempio il tavolo – diventa più elaborata per renderli più verosimili. E’ difficile dire se le tracce di naturalismo fossero un debito consapevole, ma non è un caso che esso riaffiori soprattutto nella rappresentazione di temi a carattere narrativo, che per la loro natura comportano anche la possibilità di una vera e propria ambientazione scenica e perciò della presenza di motivi descrittivi. Il tema in questione consente di fare qualche considerazione sulle scelte iconografiche del pittore. Questi, come è noto, era sacerdote e perciò conosceva bene il testo biblico oltre che ad essere al corrente della tradizione iconografica di quel soggetto.
Questa prevedeva la raffigurazione di tre angeli alati, ai quali Abramo offre da mangiare. Nella rappresentazione del Tiso uno degli angeli è nell’atto di indicare, gesto tipico dell’annuncio – a compierlo è l’angelo rimasto in piedi. A parte il tavolo fatto di semplici assi di legno, in questa versione sono ridotti al minimo gli elementi descrittivi, è scomparsa la figura di Sara; sembra che egli abbia voluto concentrare tutto sul momento in cui Abramo riceve l’annuncio della nascita di un figlio.
Quello che in sostanza emerge, dunque, è proprio l’accento posto sul motivo dell’annuncio, in perfetta coerenza col significato simbolico che era dato all’evento: gli angeli simbolo della Trinità e la loro profezia come prefigurazione dell’Annunciazione.