
I temi vetero-testamentari dei due dipinti sono tratti rispettivamente da Gen. 21, 14-18 e da 1 Re, 3, 4-15. Entrambi gli eventi rappresentano l’intervento di Dio, un Dio che ascolta e dona: promette, infatti, ad Agar di fare di Ismaele una grande nazione e concede a Salomone il dono della Sapienza.
L’iconografia adottata dall’artista è proprio quella dell’apparizione di Dio e del suo angelo.
V’è dunque un legame tematico tra i due quadri che lascia credere alla commissione ad un unico artista.
Va altresì rilevato che anche i dati esterni, stesso formato, stesse dimensioni e stessa cornice concorrono a tale convinzione. Ma è soprattutto la stretta affinità stilistica che rende indubitabile la loro assegnazione alla stessa mano.
L’utilizzazione di uno schema compositivo dinamico – anche nel Salomone l’ambientazione spaziale non costituisce un limite – e la mossa intelaiatura luministica sono riconducibili a formule barocche ormai codificate.
A questi elementi fa in certo senso da contrappunto una evidente propensione a dare consistenza plastica soprattutto ai panneggi e alle figure, come si può vedere in particolare nella figura di Salomone.
Se si aggiunge qualche incertezza e debolezza disegnative, il nome a cui viene da pensare è quello di Serafino Elmo, nel quale non mancano, tra l’altro, seppure mediati, richiami alla pittura di Corrado Giaquinto, che nelle opere in questione spiegherebbero.